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«Sic itur ad astra»
(Così si sale alle stelle)
Virgilio - Eneide, IX, v. 641
È con questa espressione che Apollo di rivolge al figlio di Enea, Iulo, mentre quest’ultimo fa le sue prime prove di valore, per incoraggiarlo a persistere e conquistare, in tal modo, l’immortalità.
Ecco, qui l'insegnamento per tutti. Consumiamo così tante energie per superare una meta della vita il prima possibile. Ma non abbiamo la fortuna del figlio di Enea, che ha una divinità personale pronta a dirgli di non correre troppi rischi.
È questo infatti che Apollo è veramente venuto a dire al ragazzo: bravissimo, stai combattendo bene, hai sconfitto un avversario, stai dimostrando il tuo valore, ed è così che gli eroi salgono alle stelle, ma vedi di non salirci troppo presto.
Noi non abbiamo Apollo, però abbiamo queste parole che da millenni ci dicono sempre la stessa cosa: il risultato è nell'impegno!
Ma impegno non significa cercare di ottenere tutto e subito. Essere consapevoli di ciò che possiamo fare nel momento presente.
Per quanto banale e scontato, il ricordarsi di non essere immortali non deve mettere ansia, non deve infondere una fretta maniacale di raggiungere un obbiettivo per cui dobbiamo resistere alla tentazione di andare oltre il nostro potenziale attuale, perché dare il massimo non significa logorarsi in ogni fibra del nostro essere.
Enea sa qual è il traguardo: una nuova vita, ricominciare da capo. Non può farlo subito, non può farlo come e dove vorrebbe. Deve sopportare l'attesa. Alle stelle ci arriverà comunque, ma per ognuna di quelle stelle ci sono molti ostacoli da superare: mostri marini, addii, naufragi, battaglie.
L'impegno richiede sacrificio, ma mai oltre il limite della sopportazione, sennò anche la miglior dedizione diventa solo arroganza.
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